Disturbo da accumulo (Disposofobia)

Accumulare oggetti inutili e non riuscire a separarsene può creare disagi ed essere pericoloso. La terapia cognitivo comportamentale può essere d’aiuto

Che cos’è il disturbo da accumulo

Il disturbo da accumulo (chiamato anche disposofobia) è un disturbo complesso e più diffuso di quanto si pensi. Il disturbo da accumulo si caratterizza per una marcata difficoltà a separarsi dagli oggetti e a eliminarli, con la tendenza appunto a conservare e ad accumulare grandi quantità di beni, anche di scarso valore materiale. 

Questa difficoltà nel gettare via oggetti genera conseguenze problematiche a diversi livelli. 

Innanzitutto le abitazioni dei pazienti risultano tanto congestionate da non essere più vivibili, utilizzabili e sicuri a causa degli oggetti accumulati. 

Inoltre, spesso, accanto alla tendenza all’accumulo patologico si osserva un eccesso di acquisti di specifici beni o oggetti che può avere conseguenze negative a livello economico. 

A livello sociale, alcuni possono provare imbarazzo e vergogna nell’invitare amici e parenti a casa; possono verificarsi situazioni di tensione e difficoltà relazionali con i familiari conviventi a causa dell’accumulo patologico di oggetti. 

Disturbo da accumulo: quali sono gli sono gli oggetti più diffusi?

Generalmente l’accumulo patologico interessa giornali, riviste, vestiti, scarpe, oggetti di valore, ma anche altre tipologie di oggetti di scarso valore o addirittura completamente inutili; si può osservare anche accumulo di spazzatura e persino accumulo patologico di animali domestici. 

I sintomi del disturbo da accumulo

Il disturbo da accumulo si può riconoscere dalla presenza di alcuni sintomi specifici, che consentono di distinguerlo dal collezionismo non patologico. 

I sintomi del disturbo da accumulo sono i seguenti: 

  • Marcata e persistente difficoltà a separarsi da beni o a eliminarli, indipendentemente dal loro valore 
  • La tendenza all’accumulo è collegabile alla percezione di dover conservare i beni;
  • È presente un elevato grado di disagio all’idea di eliminare gli oggetti;
  • Gli oggetti accumulati creano significative difficoltà nella vivibilità degli spazi, ingombrando gli spazi vivibili delle abitazioni (quindi, si escludono magazzini, cantine, solai e altre zone di deposito) 
  • La tendenza all’accumulo compromette significativamente il funzionamento lavorativo e sociale della persona. 

Chi soffre di disturbo da accumulo può addurre spiegazioni ai propri comportamenti patologici e soltanto in alcuni casi ne riconosce la problematicità. Ad esempio, alcuni riferiscono un attaccamento emotivo a oggetti accumulati in grande quantità oppure esprimono il valore intrinseco di questi oggetti e in alcuni casi hanno l’autentica convinzione di una loro possibile utilità in futuro.  Questa forma di legame malsano con alcuni beni e oggetti accumulati in grande quantità non considera i costi di questo comportamento e si evidenziano difficoltà nei processi decisionali legati all’eliminazione degli oggetti causando anche in alcuni casi intenso disagio e sofferenza nel soggetto.  

Disturbo da accumulo o collezionismo?

Il disturbo da accumulo va accuratamente distinto da fenomeni legati al collezionismo. Infatti, se da una parte i collezionisti (come chi è affetto da disturbo di accumulo) possono possedere, acquisire e conservare grandi quantità di specifici beni (es. riviste di un certo tipo) si riscontrano delle evidenti differenze. Anzitutto, gli oggetti collezionati non creano ingombro e congestione nelle zone abitative e non ne compromettono l’utilizzo e la sicurezza; inoltre generalmente nel collezionismo i beni sono conservati in modo organizzato e catalogato. 

Il trattamento del disturbo da accumulo 

Spesso accade che il disturbo da accumulo venga diagnosticato tardivamente o addirittura non venga mai identificato a causa della difficoltà di chi ne soffre a chiedere aiuto. Infatti, è possibile che chi soffre di disturbo da accumulo non ne sia totalmente consapevole e quindi possa rifiutare o non chiedere aiuto. Anche qualora vi sia consapevolezza degli aspetti patologici legati all’accumulo, è frequente che la persona viva una situazione di stigma tale per cui si vergogna della propria condizione, chiudendosi alla possibilità di cura. 

La psicoterapia, anche associata alla terapia farmacologica, è utile e indicata per il trattamento del disturbo da accumulo. In particolare, secondo gli studi presenti ad oggi in letteratura la terapia cognitivo comportamentale è stata confermata come efficace nel trattamento del disturbo da accumulo (anche se gli studi clinici di efficacia sono presenti in numero minore per questo disturbo rispetto ad altre patologie psichiche come, ad esempio, disturbi d’ansia e dell’umore). 

La terapia cognitivo comportamentale, attraverso il riconoscimento e la riformulazione delle credenze e comportamenti che mantengono il disturbo, promuove abilità di regolazione emotiva, incrementando la sensazione di autoefficacia nella tolleranza del disagio all’idea di eliminare gli oggetti, utilizzando anche tecniche di esposizione graduale. Allo stesso tempo favorisce l’appropriazione di abilità di decision-making e di problem-solving e la gestione dei sintomi tipici del disturbo. 

Le cause del disturbo da accumulo

Le cause del disturbo da accumulo sono ancora poco conosciute e solo recentemente approfondite dagli studi clinici. In generale si può assumere una prospettiva multifattoriale: le cause alla base dei sintomi da accumulo patologico sono molteplici, complesse e interconnesse. I fattori genetici sembrerebbero anche giocare un ruolo nel concorrere all’esordio del disturbo, in considerazione di alcuni studi che evidenziano alterazioni genetiche trovate negli individui con diagnosi di disturbo da accumulo. Alcuni autori evidenziano la presenza di gravi eventi traumatici, abusi psicologici e trascuratezza nell’infanzia, eventi ambientali che andrebbero a interagire con fattori biologici e genetici. 

Il decorso del disturbo da accumulo 

Il disturbo da accumulo presenta un decorso generalmente cronico, con scarse probabilità di remissione spontanea.

Domande più frequenti

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